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BENE COMUNE ANCHE IN COMUNE

28 Febbraio 2018

Siamo nel Salone dei 300 a Tv, introduce l’assessora Manfio che illustra i nuovi istituti della democrazia partecipata, che trovano fondamento nei vari articoli della Costituzione, siamo cioè alla gestione pubblica dei beni comuni, all’interno della ridistribuzione dei poteri sottratti alla politica istituzionale e sviluppatisi in capo ai cittadini, una democrazia dal basso dunque, il Regolamento comunale approvato recepisce queste forme di democrazia meno “delegate” che creano una rete di “comunità” e anche un modo nuovo di fare politica in cui i cittadini diventano interlocutori dell’Amministrazione alla pari dei soggetti politici istituzionali.

Poi Mariella Carlotti ci introduce al concetto di beni comuni immateriali e tra questi l’educazione alla bellezza, e visto che ci siamo, analizza nel Palazzo Pubblico di Siena in una delle sale che ospitavano i governanti, i celeberrimi affreschi di Ambrogio Lorenzetti databili 1338-1339 intitolati “Allegoria del buono e Cattivo governo e i loro effetti in città e in campagna, in cui si raffigurano i vari magistrati che gestiscono il potere (tra l’altro solo per due mesi) e che perciò non possono lasciare il palazzo cittadino, svolgono questa funzione venendo ben retribuiti e lo scopo del buon governo è (come detto) anche quello di esaltare la bellezza, anzi ci sono addirittura i vigili urbani della bellezza.

Questi sono in verità AFFRESCHI DEL BENE COMUNE, il titolo del buon governo è stato messo successivamente nel 1700, il bene comune si deve basare sulla Giustizia “distributiva” che sa distribuire premi e punizioni e quella commutativa che riguarda le regole del commercio e delle banche, tutte esemplificate da figure allegoriche tra cui la concordia (colei che accorda gli animi) poi abbiamo i 24 cittadini sempre con la corda in pugno che rappresentano il popolo (bene comune che si esprime nel Comune), insomma le virtù sono le solite: fede speranza e carità in cui si aggiunge la virtù propria della politica: amare la città!

Ci sono anche le 4 virtù cardinali (il cardine della comunità) più altre due fuori dall’interesse di bottega, una la magnanimità e l’altra la pace, naturalmente nell’affresco trovano posto anche i delinquenti che vengono legati come salami: tutto è ben bilanciato e i test di una città ben governata si basano sulla sua bellezza, la crescita economica, il lavoro e dove non si lavora, si studia.

Nascono i figli, la progenie, la giusta festa è il segno della ferialità, infine la securitas con un cartiglio e l’impiccato sullo sfondo, poi si prosegue con la degenerazione rappresentata dall’allegoria del bene proprio, quando ognuno tira la corda nel proprio verso e allora subentra la tirannia, (una figura allegorica con attributi luciferini, dallo sguardo strabico).

Il tiranno è un vero cretino insomma, che tende a minare la felicità comune. E’ avaro, vanaglorioso e superbo e poi per altre vie scaturiscono la crudeltà, il tradimento, il furore, la divisione e in ultimo la guerra quando il degrado umano tocca l’apice.

Il bene proprio non sta in piedi da solo, nell’allegoria viene rappresentato sopra un caprone che denota la lussuria, un altro effetto della tirannia è il sospetto di tutti contro tutti, non si lavora più, (solo per fare le armi) aumentano le violenze sulle donne e nella città degradata non entra nessuno, ma escono solo soldati. Si instaura il timor  (la paura) e si ruba ovunque.

Che dire: questo quadro del mal governo è molto realistico e non è distante dall’epoca odierna quando il bene comune viene cacciato in un angolo per effetto di una classe politica corrotta che fa di tutto per mantenersi nel malgoverno, elargendo i soldi dei cittadini ai propri amici, ingrassando quindi le clientele e dove l’eccessivo garantismo fa guadagnare soldi agli avvocati rendendo la pena poco certa e la possibilità di sfuggirla con le prescrizioni, elevata, i troppi diritti che si ascrivono al reo fa si che non ci sia più una giustizia distributiva; nella nostra realtà incide anche il fatto che una giustizia di massa è difficile da applicare e gli uffici sono intasati di carte.

(fine prima parte)

Gian Sart

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