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CA’ DA NOAL, PROGETTO DI RESTAURO

25 Gennaio 2018

Si è tenuto il 19 gennaio 2018 un Convegno all’Auditorium Stefanin di Treviso.

Nicoletta Biondo dell’Associazione Tarvisium Gioiosa ci parla di Ca’ Noal, ex museo di arte applicata, che faceva parte dell’antica Urbis picta e dei restauri che a suo tempo fece Mario Botter.

“Occorre salvaguardare in maniera etica il ns patrimonio, riportare a nuova vita Ca’ da Noal, che ha vissuto un tumultuoso passato e una storia vicino a noi, bisogna conservare ad uso della collettività”.

Alessandro Ervas ci parla di arte applicata, l’espressione di tecniche e linguaggi degli artigiani: “oggetti come materializzazione delle idee e del tempo che li ha espressi, esempi di arte popolare che hanno dato opere pregevoli, i ferri battuti, i vetri, tessuti, mobili che si scontrano con l’incuria e la follia degli uomini” (le guerre) e cita Natalina Botter, la figlia del grande restauratore trevigiano, la quale ci ricorda secondo Ervas,  l’importanza degli appoggi europei su questi restauri anche per creare delle convenzioni quadro.

Adriano De Vita dell’Associazione Culturale “Faro” ci introduce sui passi complessi da percorrere presso il Consiglio d’Europa, i cui uffici si trovano alle Procuratie vecchie, diretto da Luisella Pavan Woolfe e sugli strumenti della cittadinanza da acquisire per occuparsi del proprio patrimonio culturale, previsti dalla convenzione- quadro del Consiglio D’Europa, sul valore del patrimonio culturale, sui cambiamenti  giuridici, sul ruolo della comunità patrimoniale nella partecipazione democratica del cittadino alla cultura, sul principio di responsabilità individuale e collettiva, insomma regolamentando la partecipazione ai processi culturali da parte della cittadinanza attiva, si chiamano gli Stati europei ad emanare una legge vincolante allo scopo di  portare avanti questi intenti.

La ratifica quindi diventa legge dello Stato Italiano,  siccome l’anno scorso è caduto il governo non è stata fatta nei tempi programmati, si pensa entro quest’anno di attuarla,  si parla di alcuni principi fondamentali che cambiano i comportamenti individuali: dell’eredità culturale, dell’identità, del bene di proprietà pubblica o privata, anche se la gestione comune appare un concetto ancora confuso che supera però il concetto presente nelle associazioni, di servizio svolto soltanto ai singoli soci, invece con la nuova Convenzione si può farlo per tutta la Comunità, un lavoro di pubblica utilità non più monopolio ad es. del Comune come sito istituzionale, i cittadini si possono occupare senza chiedere il permesso, non è più una concessione e tutto si incentra sull’Action Plan, che punta sulla raccolta del patrimoni da conservare, sulla gestione del bene comune e sulla partecipazione civica.

La comunità che condivide determinati significati si prende cura di un luogo caro, diventa comunità patrimoniale come diritto di cittadinanza, privilegiando l’aspetto sociale del cittadino interessato ad aderire ad una comunità d’intenti, lo stesso cittadino se svolge un’attività economico-lavorativa non sempre ha tempo di partecipare a queste funzioni sociali, è un’attività di “restituzione” alla comunità valorizzando ad es. competenze tecniche individuali.

Chi “decide” il bene comune deve trovare delle persone che se ne curano, una presa di responsabilità e di fronte ad una minaccia esterna proveniente anche dal Comune o da altri enti pubblici territoriali o nazionali ovvero da privati e da contratti con privati dello stesso ente pubblico, i cittadini reagiscono fondando un comitato di protesta e di proposta che però a volte non trova un canale di ascolto “politico” dentro ai ruoli tradizionali di rappresentanza e di delega, le strutture civiche devono essere ascoltate non perché rappresentino qualcuno, ma perché sono qualcuno, in quanto cittadini che si prendono cura del patrimonio e possono esercitare il diritto di accesso agli atti pubblici come portatori di interessi meritevoli di tutela, possono verificare ad es. i bilanci come quello dell’Arsenale di Venezia e quindi controllare eventuali forme di corruzione,  trovandosi  l’opposizione di personaggi politici che gestiscono la cosa pubblica spesso in maniera da trarne vantaggi privati, i quali vedono una minaccia, a loro volta, alla loro influenza.

Le comunità creano legame tra le persone superando delle solitudini cagionate dalla società individualista, le stesse comunità però possono regredire e diventare clan, mafie, se un leader le condiziona e gestisce  pure posizioni di potere sostituendosi alla influenza del politico.

Ogni individuo nella comunità perde qualcosa di sé stesso in favore del gruppo che può diventare collettività se non si sclerotizza in pratiche subdole e deformanti, più difficili a volte da scoprire e combattere, così come un frate nel monastero perde qualcosa della sua personalità per riaverla più grande nella “spiritualità comunitaria”.

Gian Sart

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