Per Stefania Brai, responsabile nazionale di Rifondazione Comunista, il disegno di legge licenziato da Renzi e Franceschini rappresenta la fine del cinema indipendente e d’autore in Italia.

I due disegni di legge del Pd sono tra di loro molto diversi però si trovano d’accordo nell’  impedire una OFFERTA PLURALE (di cui al punto 2° dei nostri 10 comandamenti) che ribadisce anche la Brai – cancellando DI FATTO il Cinema Indipendente e d’autore.

Senza contare che il Disegno di legge Franceschini prrrevede la necessità di una marea di decreti attuativi e deleghe al governo, quindi lungaggini che possono strozzare definitivamente il cinema indipendente magari bloccando il tax credit per un lungo periodo.

Questa legge si ispira al modello francese di autofinanziamento, però alla fine siamo in …Italia e con l’evasione che c’è afferma pessimisticamente Stefania, saranno i cittadini a pagare per la differenza con lo scopo di finanziare i grossi produttori che non hanno nessun bisogno di essere finanziati.

E questa sarebbe già una stortura notevole, eppoi – prosegue la nostra – quello che hanno fatto Renzi e Franceschini non è neanche una tassa di scopo, cioè un prelievo “aggiuntivo” su tutti i soggetti che hanno dei proventi tramite il cinema…insomma pagheranno caro pagheranno tutto, i poveri cittadini, già specializzati in questa pratica.

Aggiungo io, si imita il modello francese all’Italiana che è ancora peggio di ciò che è esclusivamente italiano: non si deve premiare chi è già forte nel mercato MA CHI PER I MECCANISMI RISTRETTI DEl MERCATO NON POTREBBE MAI VEDERE LA LUCE (parlo di molti film indipendenti che rimangono nell’ombra).

Se il mercato è iperselettivo e premia il Cinema Usa perché è molto più costoso, anche perché viene distribuito in tutto il mondo, il costo può essere così ripartito tra più Paesi (questo meccanismo ha distrutto di fatto il cinema di genere italiano) e quindi solo e solo se,  si aggiunge LO STATO si manterrebbe l’offerta plurale, altrimenti il cinema italiano perderebbe una sua connotazione  culturale (ormai residua) per diventare commedia di intrattenimento che rifletterebbe la caratteristica degli italiani come un popolo di commedianti, e quindi capaci di fare e vedere solo quel tipo di cinema.

In questo modo si passerebbe alla dismissione del ruolo sociale dello Stato che diventa solo “STATO DEL MERCATO”.

Giancarlo Sartoretto

(continua)

Articoli precedenti:

CERCHIAMO DI CAPIRCI COSA VUOLE FARE IL PD con la legge sul cinema

Discussione punti all’attenzione per una Legge sul cinema e l’audiovisivo

Primi punti di attenzione per una Legge sul cinema

Ieri abbiamo tenuto a Roma una riunione “fisica” dove abbiamo parlato di parecchi aspetti del cinema anche con visioni diverse che possono arricchire il confronto.
Ecco i punti secono me da considerare per una legge alternativa a quella presentata dal Pd, la proposta di legge Di Giorgi:
1) abolizione del referce system;

2) circuito distributivo basato su un certo numero di sale da individuare che distribuiscono prevalentemente i film a low budget attraverso la multiprogrammazione;

3) tetto a film Usa o quote di distribuzione;

4) cinema territoriale sul principio del local-global (storie locali per una distribuzione internazionale) attraverso:
a) il decentramento delle commissioni del Mibact in macro regioni;
b) decentramento Rai per sfuggire all’influenza politica dei progetti;
c) film commissioni funzionanti che si coordino tra di loro;
d) sponsor del territorio;
e) tax credit locale;
f) promoz. del turismo (cineturismo) con ulteriore finanziamento misto.

5) Tax credit esterno fino all’80% per film considerati difficili, 25% interno;

6) Nuova definizione di film indipendenti;

7) Rai Servizio Pubblico.
a) Quote di acquisto di film a low budget, documentari cortometraggi;
b) deve fornire on line l’elenco dei diritti acquisiti anno per anno;
c) un registro on line dei film finanziati a tutti i livelli spec le società;

8) Fiction, accesso democratico anche per i “piccoli” non raccomandati;

9) Mibact, le tasse da pagare anche in rapporto al budget del progetto;

10)Insegnamento in tutte le scuole di ogni ordine e grado della materia cinema (educ. all’immagine) formazione dei giovani con finanziamenti europei, recupero di luoghi abbandonati, Roma capitale europea dell’audiovisivo;

11)Defiscalizzazione della cultura in generale e delle sale cinematografiche;

12)Garanze per Maestranze, tecnici e generici sui pagamenti con segnalazione di quelle società che pur ricevendo finanziamenti pubblici pagano il personale in nero.

Questi punti possono essere invertiti o convertiti

La produzione cinematografica italiana è stata emarginata a partire dagli anni ’80, i blockbuster Usa hanno ammazzato il mercato mondiale, basta cinema di genere italiano, solo commedie in una specie di suddivisione mondiale della produzione, ecco perché il cinema italiano se vuole sopravvivere deve rivolgersi alle tv e chiedere per prima cosa il rispetto delle QUOTE

Che vuol dire? Che le televisioni devono acquistare obbligatoriamente dei film italiani da trasmettere nei propri canali.

Il cinema italiano rappresenta il Made in Italy che è poca cosa rispetto al made in Usa, ma anche una delle componenti della cultura italiana nel mondo.

Era molto più potente negli anni 60-70 quando manteneva una influenza e una considerazione notevoli, ma poi ha dovuto subire una decadenza con un netto calo di mercato a partire dagli anni 80 dove abbiamo assistito, dopo una ristrutturazione del mercato internazionale, al dominio assoluto del colosso americano.

Negli anni 60-70 invece molti dei film italiani di genere, giravano il mondo non solo quelli western, chi non si ricorda il filone dei Tre Superman di Italo Martinenghi, era un prodotto artigianale a basso costo, oggi è impossibile, il mercato si è specializzato sulle grandi produzioni miliardarie made in Usa.

A quei tempi anche i produttori italiani facevano un sacco di soldi.

Attualmente più tristemente siamo di fronte a politiche tipo panda, in quanto si rischia quello che i sociologi chiamano colonizzazione culturale, ovvero sudditanza culturale nei confronti di un potere imperialistico, dove i contenuti e le storie appartengono ad un mercato globale che parla inglese e si imitano i modelli di comportamento dettati dalle mode consumistiche, modelli importati dall’industria dell’entertainment e ciò non vale solo per il cinema ma anche per la letteratura, lo standard degli autori USA diventa l’unica “forma che i lettori riescono ad apprezzare.

Gli attori americani sono gli unici divi dell’immaginario collettivo.

Allora si parla di quote minime di sopravvivenza del cinema italiano, quote malviste in Tv perché SE PROIETTANO TROPPI FILM rubano soldi ad altre attività soprattutto giornalistiche, insomma quote che fanno venire il latte alle ginocchia.

E’ vero che nella specializzazione mondiale dei mercati l’italia domina con la moda, ma la cultura non è una merce qualunque e se non viene preservata è destinata a morire vinta dal consumo “mercificato”. Siccome qualcuno ha detto che dalla cultura deriva l’identità d’un popolo, come fare per preservarla?

E’ impossibile modificare l’attuale mercato dei film se non con un intervento politico/autoritario anti Usa imponendo ad es. un limite alla distribuzione di film Usa, cosa che è semplicemente improponibile, a favore di quelli italiani, però è indubbio che gli esercenti hanno a disposizione troppi film che possono smontare uno appresso all’altro, c’è troppa abbondanza di materia che non viene valorizzata e quindi si verifica che troppi film vengono bruciati, perpetuando uno spreco, un potlach, difatti la tenitura è ridotta ai minimi termini, quindi ci sono dei film che guadagnano e tanti altri no ( il sistema ha anche tante perdite e fa acqua da tutte le parti).

Sartonet 15