Nel post precedente abbiamo parlato di finanziamenti diretti sulla base di una valutazione del progetto da parte di una COMMISSIONE GIUDICANTE eletta dallo stesso MIBACT (Ministero Attività Culturali e Turismo) ma anche di ristorni governativi sulla base degli incassi (una percentuale che ritorna al produttore per tutti i  film di nazionalità italiana a prescindere dall’interesse culturale) e quindi possiamo parlare di finanziamenti automatici.

Nel primo caso l’impresa deve fare una domanda online (telematica) nelle tre sessioni annue (quadrimestrali) a gennaio, maggio e settembre, chiede l’interesse culturale e in subordine anche un finanziamento  e per la richiesta si paga una tassa al Mibact. Il finanziamento è una percentuale del budget (costi ammissibili): qualcuno chiede soltanto l’interesse culturale e paga una tassa minore.

Prima della legge del 1994 di Veltroni, le Commissioni erano formate da rappresentanti delle varie categorie (anche sindacali) che lavoravano nel cinema, dopo Veltroni sono diventate più ministeriali e contava molto l’influenza politica che tradotto vuol dire RACCOMANDAZIONE di serie A, B, C1 C2 CI LORO. Era una graduatoria di chi aveva il politico più potente e influente del momento e cosi è andato avanti il cinema diciamo “pubblico” ovvero statale ovvero italiano (visti i ristorni)  e naturalmente questo valeva (vale) anche alla Rai,  per cui una sceneggiatura giaceva impolverata in qualche scaffale di Piazza Adriana fino a quando una telefonata provvidenziale la faceva tirar fuori dal mucchio, anche da sotto, facendo lavorare l’inserviente in mezzo alla polvere. Qualche nome grosso, se non mi ricordo male Ricky Tognazzi, fu bocciato in una di queste commissioni del Mibact e impiantò un casino tale a livello mass-mediologico che da allora subentrarono i punteggi automatici in parte per ridurre la discrezionalità che cmq c’era sempre, ma molto più nascosta (però cosi si finanziavano sempre i soliti noti).

Sull’INt. Culturale il Mibact non ci dice niente, ci dice genericamente ciò che non deve essere: commerciale! E’ il gioco delle due carte, mancando  la terza carta il gioco si fa meno duro, quindi dice in “negativo” ciò che non è (e quindi ci può essere di tutto in positivo; ecco che le raccomandazioni rientrano dalla finestra).

Secondo noi invece dovrebbe essere l’interesse culturale che giustifica un finanziamento, SEPPUR RIDOTTO, ed è non solo per lo sviluppo dell’indotto keynesianamente parlando,  ma per uno sviluppo del Made in Italy nel senso (e anche nel dissenso) di personaggi che hanno fatto grande l’italia (non solo stilisti) e quindi eroi, naviganti e santi, luoghi, turismo e prodotti etc,. E’ una promozione della cultura italiana tout court, diversa da quella industriale, ma anche sperimentazione, di linguaggi, di idee, di generi.

Detto questo la domanda è: come dovrebbero essere strutturate le Commissioni?

Secondo noi, innanzitutto da esperti, come dice anche Marco Bartoccioni, faccio un esempio: se uno è specializzato in film horror, ne ha visti, schedati e analizzati una montagna  è in grado di decifrare alla luce anche di tutti gli “aggiornamenti” filmici, le potenzialità di quel progetto horror presentato al Mibact (noi siamo tra l’altro per il superamento del concetto di opere prime, seconde, di contorno, o giovanili come ctg panda), la Commissione però deve essere “Plurale” e quindi formata da un editor, un esperto di promozione cinematografica (se l’idea cioè potrà conquistare un pubblico) un film-maker, uno sceneggiatore: meno i critici cinematografici perché sono più capaci ad analizzare  la storia del cinema che in cinema del presente (a meno che non abbiano una potenzialità in questo senso).

La moltiplicazione delle Commissioni contenuta nei ns 10 punti aggiunge quella “concorrenzialità” tra Commissioni che è sempre mancata in Italia e che ha finito nell’unica Commissione Nazionale esistente, col creare una influenza “aggiunta” anche per chi diceva che non c’era neanche quella principale.

GIAN E VERO SARTORETTO

(continua)

Articoli precedenti:

UN PO’ DI CHIAREZZA
CRITICA…. DELLA RAGION CINEMATOGRAFICA
CINEMA E MEDIA….A FARE UNA LEGGE CHE SE RIMEDIA?
LA CRITICA AI DUE DISEGNI DI LEGGE SUL CINEMA DEL PD
CERCHIAMO DI CAPIRCI COSA VUOLE FARE IL PD con la legge sul cinema
Discussione punti all’attenzione per una LEGGE SUL CINEMA e l’audiovisivo
Primi punti di attenzione per una LEGGE SUL CINEMA

 

LA FABBRICA DEI PROTOTIPI

Perché il cinema è un’industria debole?

Rispondiamo dicendo perché ci sono confezioni e confezioni: è un vestito che il film indossa e che gli permette di fare la sua strada.

C’è il cinema con una confezione di serie A, che significa tante copie del film, forte distribuzione, imposizione del prodotto filmico tramite una pubblicità nei principali canali, gadget ecc..

Stiamo parlando di molto o quasi tutto il cinema Americano e delle Commedie Italiane + qualche autoriale italiano e tra i film europei, qualche francese.

In sostanza la confezione di serie A per gli investimenti effettuati DEVE superare almeno il milione di euro di incassi altrimenti è una delusione.

Poi abbiamo la confezione di serie B con tutti (meno) rispetto a quella di serie A: meno pubblicità, meno gadget, meno canali pubblicitari, meno promozione, è una confezione che vede molti prodotti da festival, film autoriali e risulta essere un successo se si arriva a incassare 800.000 euro, naturalmente parlo di Theatrical, solo sala.

La confezione di serie C invece riguarda la maggior parte del cinema indipendente italiano, piccoli distributori, poca pubblicità, 30-40 copie e si arriva ad incassi fino a 200-300 mila euro.

La 4 confezione invece è quella dei film sfigati , molti senza uffici stampa che è come dire è meglio non distribuirlo: poche copie in cinema particolari molti d’essai, nessuna pubblicità e così tutto passa sotto silenzio nell’indifferenza + totale e nonostante gli sforzi della produzione e del regista TUTTO SEMBRA GIA’ SCRITTO.

Molti di questi film alimentano festival minori, anzi escono in occasione di questi festival che però non portano a nessun guadagno.

E su queste confezioni che noi dobbiamo puntare i fari. Da ciò ne deriva l’esigenza di una attenzione maggiore di questi che possiamo chiamare prodotti che stanno più ai margini del mercato theatrical.

Una vera politica cinematografica li deve valorizzare in maniera che possa crescere tutto il sistema cinema e questa politica deve essere  recepita in qualche disposizione di legge che riesca a dare delle risposte anche al cinema indipendente,  una politica quindi semplicemente che vada all’incasso di questi film.

In soldoni ma anche in soldini si può dire (anche se occorre verificare) che il 50% del cinema prodotto spesso con enormi sacrifici personali è costretto all’invisibilità assieme ai suoi attori e quindi non viene remunerato a sufficienza anche economicamente, perché se incassi poco non lo puoi vendere in altri canali televisivi soprattutto alla Rai, a meno che tu non abbia delle conoscenze e relazioni particolari.

Peccato xchè la maggior parte di questi film a piccolo budget hanno un buon livello tecnico e un buon cast, si tratta di promuoverli tramite un “circuito alternativo” con delle modalità che abbiamo già definito nei precedenti post.

Sartonet 15