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UNA NUOVA LEGGE SUL CINEMA, OH NO, UNALTRA!

11 Ottobre 2015

UNA NUOVA LEGGE SUL CINEMA

Le istituzioni del cinema sono in fibrillazione perché dopo 50 anni vorrebbero mettere in soffitta la 1213 del ’65, la cosiddetta Legge Corona quella che ha partorito per intendersi l’art.28; anche se quella legge di fondo era stata abolita nel 2004 da vari Decreti Legge che sono stati peraltro rinnovati nel luglio del 2015.

Abbiamo un disegno di legge della Senatrice del Pd DI GIORGI molto vicina a Matteo Renzi, del 27/3/2015 che vorrebbe imitando il modello francese (noi italiani non siamo capaci di fare una legge nostra) istituire il CENTRO NAZIONALE CINEMA che sarebbe lo stesso Mibact travestito, gli italiani sono molto sensibili a riformare i nomi e mettere gli stessi contenuti.

Il Disegno mira ad unificare poi le competenze Ministeriali, far si che il cinema indipendente possa andare nelle grandi sale (come non si capisce), prevede il prelievo di scopo di cui si parla da tanto tempo e l’Anagrafe dei film (ne parleremo).

Poi vorrebbe disciplinare un argomento controverso come quello delle quote (cioè le televisioni devono obbligatoriamente -questo avverbio dà fastidio – acquistare un certo numero di film indipendenti e trasmetterli) mentre una cosa interessante del disegno di legge da condividere è l’Educazione all’Immagine, magari destinare due ore o almeno un’ora alla settimana per tutte le scuole di ogni ordine e grado all’educazione dell’immagine gestita dai cineclub e trovare così lavoro ai tanti autori disoccupati, infine prevede il sostegno (a parole) delle sale a rischio di chiusura.

43 REGISTI sono a supporto di questo disegno di legge, soprattutto gli “amici” che hanno potuto lavorare con la Rai e che hanno ricambiato il favore in questa sorta di collateralismo da vecchio PCI.

La Di Giorgi parla di turismo escludendo quello sessuale, che puo’portare ii film di successo peccato che di film di successo italiani ce ne sono uno ogni morte o dimissione di papa e tutti stanno aspettando il salvator Zalone con trepidazione soprattutto molti esercenti per mettere a posto i conti.

Oltre al ddl DI GIORGI che non trova consensi nell’Anica perché il suo presidente, Tozzi, afferma che sono cambiati gli scenari e si rischia di voler imitare il Sistema Francese senza aver le caratteristiche di una cultura e di un cinema francese, anche il Ministro Franceschini sta lavorando per una legge che dovrebbe presentare alla stampa verso la fine dell’anno in cui si parla di una cosa che non piace molto all’Anica per il vespaio anche mediatico che crea: di una tassa di scopo per i giganti del web (Google, Amazon, Appple e Netflix), obblighi di programmazione per le Televisioni e altro.

Stefania Brai di Rifondazione Comunista è critica, rispetto alla Di Giorgi: il Centro Naz. Di Cinema diventerebbe un organo burocratico, mentre invece non c’è nessuna norma sull’antitrust “orizzontale” per impedire posizioni dominanti nei delicati settori dell’esercizio e della distribuzione, mancano i criteri per i contributi selettivi al contrario di quelli ben definiti legati agli incassi e quindi per i ristorni di chi produce cinepanettoni.

Per Baistrocchi (vedi DIARI ID CINECLUB del numero di Ottobre) tecnico del Mibact ed esperto di Crowdfunding, occorre fare una riforma che metta insieme Cinema e Audiovisivo, cosa che diventa più evidente con la fine della pellicola, e se il ddl Di Giorgi si concentra sulla produzione, distribuzione, esercizio, trascura, secondo Baistrocchi, colpevolmente la promozione e la conservazione del patrimonio cinematografico mentre tende a sovrastimare LA CENTRALITA’ della sala, il ddl si dimentica del pubblico televisivo, dei critici, degli studiosi, e infine dei lavoratori del settore e soprattutto dei cittadini e contribuenti che finanziano tutto il sistema.

Lo scenario nel cinema sta cambiando fin dalla più tenera età e i cittadini vivono un nuovo rapporto con il cinema e l’audiovisivo che non è stato minimamente recepito dal disegno di legge e Baistrocchi dà alcuni suggerimenti da tecnico del Mibact al ddl in oggetto avendo come punto di riferimento il cittadino attivo:

  1. a) semplificazione burocratica (e se lo dice un tecnico vuol dire che è veramente illuminato);
  2. b) l’utilizzo del crowdsourcing anche per sostituire le commissioni, il crowdsourcing si basa sul coinvolgimento della folla (crowd) per progettare, realizzare un progetto, non organizzata precedentemente anche perché si possono sfruttare le potenzialità del web ;
  3. c) rivedere i diritti cinematografici per far circolare legalmente i film secondo un giusto prezzo
  4. d) tutte le opere finanziate devono essere accessibili online in tempi certi;
  5. e) prevedere il crowdfunding per coinvolgere il pubblico;
  6. f) rendere visibili i vari archivi, cineteche e teche Rai;
  7. g) cinema e audiovisivo nelle scuole (in controtendenza rispetto alla riforma della scuola) forse al posto dell’ora di religione (blasfemia in corpore sano!?).

Noi del Cinema in Mov 5 stelle su queste argomentazioni possiamo essere d’accordo con Baistrocchi, ma il cinema indipendente per poter “riuscire” ha bisogno di andare oltre e lo diciamo in maniera disincantata: è vero che le Commissioni che hanno deciso in passato sono state “politiche” ed economiche (per categorie) noi vogliamo invece delle commissioni competenti fuori dalla logica spartitoria e che vedano solo il possibile sviluppo del progetto filmico per il pubblico (se ha cioè una potenzialità comunicativa anche se effettuata con ricerche e forme diverse da quelle ordinarie).

Il Cinema Indipendente ha bisogno di crescere nel territorio valorizzandolo e quindi decentrandosi in un modo di pensare globale ma anche locale.

Ha bisogno di un circuito di sale interconnesse in rete che effettuino una multiprogrammazione dei film (ad es. 60 film che vengono proiettati da un cinema all’altro in 100 sale per 6 mesi, dopo una promozione insistente sui media e su una rivista apposita on line e/o cartacea, cioè senza l’obbligo della “pericolosa” tenitura.

Ha bisogno di abolire qualsiasi tipo di reference system che crea gerarchie inutili e automatismi di conservazione dei privilegi.

E la possibilità di vedere i film Usa non doppiati assieme a quelli doppiati che però devono avere un limite annuo quantitativo di distribuzione, mentre la distribuzione di un film italiano assieme a un film Usa creerebbe una politica PANDA costrittiva

Giancarlo Sartoretto

CARO FILM

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