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4 – L’HOMO DEMOCRISTIANUS caplo VIII°

16 Marzo 2013

Chi è l’homo democristianus? Rispondere a questa domanda potrebbe essere ovvio e banale quanto complicato perché difficile delimitarlo in una sfera d’azione che lo possa caratterizzare e differenziare nettamente.

Viene descritto come un parassita che succhia il midollo del bilancio statale, sorta di ominide onnivoro che si tuffa nella ricchezza quando diventa pubblica perché non è più di nessuno e quindi con espedienti di vario tipo la vampirizza; asportando in definitiva il sangue d’un corpo economico racchiuso in tanti scomparti-fialette.

Se ne appropria nel momento in cui il prezioso liquido viene separato dal corpo e collocato in un grande bancone luminoso, un deposito-laboratorio dove ogni goccia è analizzata al microscopio, proprio in quel momento si compie una specie di sortilegio: con riti magici pratici l’homo democristianus approfittando del fatto che le fialette sono tante e anonime si avventa su alcune e le fa sparire.

C’è chi fa tutto con le carte, chi tramite computer e chi fisicamente se le mette in tasca, ma la sottrazione non cambia, il vampiro solerte si muove in un ambiente asettico con sicurezza, non si gira nemmeno a guardare, tutto intorno è conosciuto e amico.

Preleva alacremente costringendo altri a versare ancora fino a quando i loro corpi si assottigliano, smunti, emaciati e pallidi, deboli e anemici dimagrendo fino all’osso, così malinconici e malaticci non ce la fanno nemmeno più a camminare, al contrario lui s’ingrassa e sorride alla vita che gli ha dato tanto…sangue, con ottimismo e perfino benevolenza perché tutto gli va bene, poi all’improvviso il laboratorio cambia di luogo, ma lui da perfetto previdente, l’aveva previsto e si era già preparato, in fin dei conti non era altro che un semplice passaggio ad altre stanze di uno stesso edificio o al massimo in un edificio diverso che si poteva però raggiungere facilmente.

Si trattava solo di prendere nuove misure, fare qualche calcolo, studiarsi meglio un corridoio, allisciare una qualche nuova coda, l’homo democristianus non ha fretta, basta che gli amici fidati lo mandino da altri amici fidati che gli aprono le porte, un po’ di sangue anche a loro ogni tanto bisogna versare, poche gocce perfino all’amico più umile, quello che gli fa vedere dove stanno le chiavi della porta.

Essere generosi è una qualità molto considerata per conservare, ma anche aumentare le amicizie così da muoversi agevolmente, protetto da sguardi benevoli. Un po’ di sangue non guasta mai.

L’uomo sorridente a cui tutto va bene, è concentrato più d’un pomodoro quando si trova a spellare la comunità spremendo sangue a josa…ma anche in altri posti (battuta). Per questo si affida agli amici con i quali ha un rapporto di cuore, profondo, vero, disinteressato, quasi mistico…

Alberto Sordi nei suoi tanti film ha personificato l’italiano medio, rappresentandolo nel suo cinismo asociale, nell’opportunismo di chi non assume mai una posizione chiara, decisa, se non per compiacere. Senza principi, con fini dissimulati, mediocre nei sentimenti, fasullo e superficiale, con poche verità e quindi bugiardo quando occorre, vigliacco se bisogna dimostrare un minimo di coraggio, perfino traditore, crudele verso i deboli, debole verso gli arroganti; eppoi ancora mammone, fregnone, adulatore dei potenti, servile quanto basta, pigro, egoista, impudico nelle sue dosi di menzogna, civettuolo, qualunquista, ecc. ecc..

Non tutte queste “qualità” sono proprio nazionali e non antropologicamente uniche, per fortuna si giustappongono altri “difetti” ma sono diffuse e frequentate dalla maggioranza del popolo italico anche se il centro produce dei modelli che sono poco sentiti nelle periferie.

Secondo questo schema i politici sono tutti uguali, destra o sinistra non fa differenza, tutti pronti a mangiare, salvo proiettare su di loro quello che farebbe questo uomo medio-mediocre se fosse al potere, senza contare che non facendo differenza tra politici si assolvono anche i veri ladri perché irriconoscibili dagli altri.

Anzi rovesciando la questione, quelli che sono lì e non rubano sono solo dei fessi. Un esercito di galoppini viene mandato in giro a dire che tanto sono tutti ladri e ciò li giustifica, verso gli altri, se scelgono la “protezione” di uno fra i tanti cioè il vero ladro che regala qualcosa anche al galoppino-accattone.

Si innesca così la dialettica furbi-fessi sempre diffusa a macchia d’olio, per cui la politica diviene un’occasione aggiuntiva per confermare questo principio trasformandosi a sua volta in risorsa economica che scade a puro calcolo di convenienza e la tessera di iscrizione al partito, si trasforma in tessera alimentare, di modo che la società civile si modifica in clientela e il voto di scambio corrompe ogni possibile opinione.

Questo comporta nel medio periodo un processo degenerativo, la desertificazione di ogni spinta ideale, una lotta di tutti contro tutti per vincere la supremazia della furbizia, un disordine diffuso e la conseguente caduta d’ogni principio di vita sociale, nel lungo periodo alla destrutturazione della stessa unità politica dello stato, minato da un esercito di cavallette che si nutre di linfa vitale.

Matura inevitabilmente la necessità conseguente di instaurare un regime autoritario e totalitario in quanto la democrazia si riduce a forma politica svuotata di ogni energia, di ogni elemento collettore e connettivo, disgregata in lotte fratricide tra clan in competizione.

giancarlo sartoretto

 

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