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4 – L’HOMO DEMOCRISTIANUS – caplo XII°

11 Maggio 2013

FINANZIA UN FILM VINCI UNA CASA

L’HOMO DEMOCRISTIANUS – Oggi il mercato della politica cresce vorticosamente all’interno della complessità del sociale, costituisce un luogo con propri tracciati obbligatori da frequentare quasi per necessità, ma ricolmo anche di contorsionismi che rischiano di risucchiare gli ultimi fremiti di libertà, gli ultimi aneliti di semplicità dentro a dei labirinti sempre più disorientanti e dispersivi.

La stessa organizzazione sociale richiede da parte dei cittadini una capacità considerevole di capire e di differenziare i fenomeni anche per la persistenza e la molteplicità di più ruoli che gli stessi cittadini sono costretti ad assumere, pur trovandosi in concomitanza di una riduzione di complessità derivata dai fattori omologatori che percorrono interi comportamenti diffusi.

Lo stato d’altra parte nella sua organizzazione burocratica diventa vieppiù labirintico, tortuoso nei suoi percorsi accidentati che la gente deve seguire, anche se afferma quotidianamente di voler semplificare le procedure.

Ma il labirinto fa parte dell’architettura sociale creata dall’homo democristianus: più lui cerca di fare il furbo usando scorciatoie, piegando traiettorie rettilinee per i suoi contorti scopi che solo per gli altri sono indecifrabili, più dietro di sè deve seminare depistaggi che generano altri intrecci e questo per confondere e rimestare le acque torbide e nella confusione attuare meglio i suoi scopi, far passare i suoi progetti, ottenere vantaggi per sè e i suoi protetti.

Ecco che allora in cambio del voto lui crea stretti interstizi attraverso i quali far passare i suoi clienti che così camminano più speditamente senza il pericolo della fila e dei posti esauriti, per effetto di queste e di altre facilitazioni l’homo democristianus si diffonde come la gramigna, si amplifica, col passa parola e quando alza la voce non lo fa per rivendicare diritti, ma per inscenare un coro di lai che smette subito tra strizzatine d’occhi appena riceve l’obolo.

Si guarda soddisfatto attorniato dai suoi accoliti che si rimettono a piangere raccogliendo la commozione pubblica rappresentata da un caporete e intanto intascano la solidarietà interessata, si intrattengono tra di loro sottovoce per meglio sfruttare qualche vantaggio, socializzano il loro falso dolore, si rivolgono al pubblico sollecitando la loro compassione, ma appena qualcuno si gira per andarsene gli rubano il portafoglio o cercano di farlo inciampare perché nella confusione possono toglierglielo meglio. Si servono di macchinazioni, piccoli imbrogli, raggiri, in quell’arte di arrangiarsi per tirare a vivere come se fossimo in una guerra perenne.

Usando la distorsione nella legge, nelle regole sociali, si vive la norma non come una prescrizione che ordina, ma come un insieme di parole che hanno un significato “alterabile”. Invece di agire speditamente con una certa prevedibilità dettata dalla norma, l’homo democristianus agisce con tutta una serie di altri codici: “come cercare di non pagare un debito” chiede Strepsiade al filosofo Socrate, “insegnami i sofismi per eludere il dovere”. (Aristofane, Le Nuvole).

Il pensiero non deve servire per elevarsi nello spirito, ma essere piuttosto un marchingegno per sottrarsi ad un impegno. La macchinazione è una concentrazione di pensiero “obliquo” che investe le leggi e le psicologie delle persone ad opera di un attore – colui che compie l’intrigo – da solo o con l’aiuto di altri, finalizzato alla produzione di un vantaggio, più spesso uno svantaggio all’avversario o rivale; viene molto usato anche in politica e l’homo democristianus ne è uno specialista, perché ci prova piacere, come modo per occupare la sua mente, tenerla desta e attiva usando ogni tipo di perfidia che sfida il demoniaco, instillando nella vittima grossi e a volte fatali turbamenti. A chi non viene in mente la cattiveria di Jago?

La truffa è un addentellato delle macchinazioni e sfrutta l’ingenuità, la credulità, più spesso uno stato di necessità. Il truffatore si presenta con un’aria di perbenismo e quindi fa colpo indossando vestiti eleganti che denotano una condizione di superiorità economica, ma anche di classe, ci sono poi attori più mediocri dai vestiti andanti che fanno breccia per una certa spontaneità comunicativa e “amicizia”, ma non devono avere una faccia troppo segnata che li tradirebbe.

Entrambi dimostrano attenzione psicologica, freddezza dissimulata, abilità comunicativa capace di misurare ogni attimo della situazione controllandone tutte le sue pieghe e risvolti fino a quando la vittima designata è indotta a fidarsi colpita dalla dabbenaggine e dalla cortesia esibita da persone di buoni principi “morali”: “sempre più rare da trovarsi al giorno d’oggi” e difatti non lo sono e lo scopriranno con un senso di pena e disagio per essere stati gabbati da una facile messinscena.

Per chi è abituato al fasullo sfugge al vero. Il truffatore gioca sul falso-vero rendendolo “autentico”, è allenato ad approfittarne di ogni situazione, sfrutta stati d’animo altrui col massimo distacco controllando la propria emotività che potrebbe tradirlo, riesce ad entrare nelle grazie delle persone usando i trucchi del mestiere e approfittando delle mancanze sentimentali, emotive prepara il mangime fino a quando il pollo becca e abbocca e se a volte il gioco si fa duro diventa “durone” incallito, fino a quando la trappola scatta e il fessacchiotto entra nella gabbia come un topo affamato.

Anche in politica l’intrigo ha un alto indice di gradimento, si trova soprattutto nel bisogno di carrierismo, nei servizi segreti come modus operandi talmente sottile da sembrare un gioco di specchi che si rifrangono in scintillii talmente veloci da non riuscire a fissarli con gli occhi, e quando l’immagine comincia ad essere chiara si raccolgono i cocci di una frantumazione subita.

Il dossier è lo strumento principe per squalificare un rivale o per ricattare un avversario, si indaga nella vita privata di chi si vuol colpire trovando sempre qualche lato debole. Più i documenti costituiscono prove, più si inchioda l’avversario, ci si può basare anche su illazioni che però non hanno lo stesso potere o su persone che possono testimoniare inventandosi qualcosa di più di ciò che è successo, ma naturalmente dovranno essere “lavorate” e adeguatamente unte.

Più spesso il dossier serve semplicemente a rendere espliciti tutta una serie di fatti realmente avvenuti e quindi oggettivi che riguardano un uomo di potere il quale ha interesse a rimuoverli e nasconderli. La compilazione di dossier in proprio può diventare perfino una attività lucrosa se uno ha la mania della ricerca negli archivi, perché l’uomo potente ha interesse a comprarli per non avere un danno d’immagine, ma se la “roba” scotta, la situazione si può complicare fino al punto che qualche volta il dossier sparisce insieme a chi l’ha compilato e ciò accade quando si scoprono magagne pericolose che indeboliscono il personaggio pubblico, anche se il dossier viene facilmente fotocopiato e nascosto in una cassetta di sicurezza, tanto da scatenare ricerche spasmodiche da parte degli interessati o dagli inquirenti come capita in parecchi film.

Chi poi è arrivato al potere tramite grossi traffici è più facilmente ricattabile, perché i molti vantaggi che ha acquisito non sono mai di pubblico dominio.

Ma un dossier può semplicemente mettere in evidenza cariche di potere, ovvero conflitti di interesse palesi in capo ad una unica persona, tenuti nascosti e allora è sufficiente che il documento diventi fonte d’informazione per una testata giornalistica disposta a pagare o che lo riceve in maniera anonima.

In entrambi i casi può scatenarsi una tempesta o peggio un ciclone che si abbatte sull’uomo politico, a meno che questi, attraverso la sua rete di informatori riesca a saperlo per tempo e cerchi di neutralizzarlo mettendosi d’accordo ovvero far sparire il giornalista. Il mercato dei ricatti è florido e circola in tutti i poteri, ma soprattutto è molto quotato in politica. Per ottenere qualcosa bisogna usare il linguaggio trasversale del ricatto; si dice e non si dice, si minaccia velatamente, si avverte discretamente, allora il gioco si fa duro, i piedi si appesantiscono, il corpo si irrigidisce, la tensione sale, alla fine lo stress consuma ma qualcuno paga e qualcuno altro indaga.

Il dossier diventa uno strumento di pressione, il suo artefice può giocare su più staffe, diventare infido, magari la stessa informazione la cede a più persone o magari non restituisce i documenti completi, archivia in proprio altre prove documentali, per tessere i fili d’un gioco che ritorna a farsi duro e qualcuno ci rimette le penne, quando ritorna tutto trafelato e stressato alla macchina la trova in panne, cerca di metterla in moto, ci riprova ancora e quella salta in aria.

Contro il dossier si redigono delle memorie difensive, soprattutto se c’è un attacco di stampa o un’azione giudiziaria.

Quindi l’uomo politico dai grandi traffici cerca di neutralizzare possibili documenti compromettenti in mano ad estranei di cui venga a conoscenza con accordi anche molto costosi quando si trovi di fronte ad un potente che li possiede. Glielo fa intendere attraverso un linguaggio allusivo e velato se chi detiene i documenti si trovi in posizione d’inferiorità, non c’è però una garanzia assoluta che tutte le carte siano in quel dossier e onde evitare strascichi o spiacevoli incidenti il dossierista debole farebbe meglio invece di ricattare direttamente l’uomo potente a diventare una fonte non citabile del giornalista chiedendo in ambio un lauto compenso, in questo caso dovrà usare una strategia: avvicina il giornalista interessato senza insospettirlo di un possibile doppio gioco per cui questi può diventare uno strumento inconsapevole di una manovra che non conosce, un altro pericolo è derivato dal fatto che il giornalista sia nel libro paga dell’uomo potente, mentre proporlo direttamente all’uomo potente può diventare un gioco molto pericoloso se non si hanno le spalle coperte, soprattutto se sono coinvolte mafie internazionali che hanno sicari al loro servizio o gli stessi servizi segreti.

Chi non ha niente da temere dal dossier e non fa niente per neutralizzarlo si trova comunque in una situazione di incertezza, alla mercé di qualcuno prima che possa eventualmente difendersi e discolparsi, anche perché non può redigere un memoriale preventivo basandosi sulle chiacchiere o sulla fuga di notizie. Homo democristianus.

 

by GIANCARLO SARTORETTOHOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO HOMO

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